Dopo aver esplorato (per sommi capi, tanto c'e' ancora da fare) negli anni passati dapprima il rapporto con lo spazio scenico, i movimenti, l'interazione con gli attori e con la scena, e poi esserci concentrati sulla comunicazione, (la voce, l'interpretazione ecc. ecc..)... quest'anno abbiamo cominciato ad avvicinarci a quello che é il mostro sacro di tutti gli attori alle prime armi (come gran parte di noi é): il personaggio.
In maniera circospetta abbiamo avvicinato questa bestia terribile, tanto facile da afferrare fuggevolmente, tanto difficile da possedere completamente e mantenere sotto controllo (in alcuni casi é anche difficile liberarsene, ma questa é un' altra storia).
Ciascuno dei presenti ha portato un breve monologo, contenente aspetti attinenti al personaggio che sta costruendo per il prossimo spettacolo.
Insieme al monologo, un personaggio da lui creato.
Il testo é stato recitato, e recitato nuovamente una volta ascoltato il parere critico dei colleghi.
Durante il prossimo incontro, lo stesso testo sarà presentato ancora per due volte da ciascuno, e dovrà essere interpretato vestendo due personaggi diversi, scelti per lui dagli altri.
Una sfida molto stimolante, che ci ha entusiasmato, e che serve a distaccarci dal testo e al tempo stesso a esplorare altre dimensioni e altri caratteri del personaggio che ora ci sfuggono e che potranno essere integrati nel prossimo spettacolo.
Ma forse il motivo principale per cui scrivo, è quello che mi piace riportare qui i monologhi presentati da ciascuno, così diversi l'uno dall'altro e così ricchi... forse a qualcuno potranno interessare...
1) Ilan: Canio davanti allo specchio. Dal libretto d'opera de "I pagliacci", di Ruggero Loncavallo
Scena:
Canio entra con l’apparenza molto triste nel camerino
Si siede davanti allo specchio e piange disperatamente
“O Neda, solo dio sa quanto ti amo. Ma tu mi tradisci con questo maledetto Silvio. Il dolore fa sí che non sò più quel che dico, e quel che faccio.
Eppur è d'uopo che ti sforzi! Bah! sei un uomo o no? Si, con queste mani li ucciderò tutti e due. Non posso vivere con questa vergogna!”
Va alla porta per dare un’occhiata alla platea:
“La gente sta entrando nella platea”
Ritorna alla sedia:
La gente paga, e vuole ridere.
Tu sei Pagliaccio!
Infarina la faccia, e vesti la giubba!”
Comincia truccarsi.
Parla a qualcuno che sembra aprire la porta: “Sì, sì, vengo subito”
Mentre si trucca:
“ridi, Pagliaccio, e ognun applaudirà!
Ah, ridi, Pagliaccio,
sul tuo amore infranto!
Ridi del tuo dolore, che ti avvelena il core”
Si alza e si mette adosso la giubba:
“Ridi, ridi! e fa ridere la gente”
Esce
2) Paolo: Hitler parla ai suoi collaboratori. Da "Gli ultimi giorni - La caduta di Hitler" film di Oliver Hirschbiegel, soggetto di Bernd Eichinger.
Sulla scena un tavolo con un telefono, e una sedia.
L’ufficiale U, in piedi, sta parlando al telefono con il generale Kohler (K). In sottofondo si sentono dei
colpi di cannone. Hitler (H) arriva e si rivolge bruscamente e con il dito puntato all’ufficiale U.
H: Che sta succedendo, da dove vengono questi colpi?
Mentre l’ufficiale gli risponde, assume varie espressioni, di stupore, di disperazione, di
aggressività.
U: “mein furher”, posso augurarle buon compleanno? mein furher, berlino è sotto il fuoco
dell’artiglieria nemica. Bersagliano con granate la porta di brandeburgo, il reichstag e la stazione
di Fridegstrasse
H Ma da dove sparano i cannoni?
U Mein furher, non si sa, ne parlavo con Kohler.
H Kohler?... dia a me Kohler.
Strappa il telefono all’ufficiale, si mette una mano in tasca e si rivolge a Kohler.
Kohler! Lo sa che berlino è sotto il fuoco dell’artiglieria?
Si siede e continua a parlare con Kohler.
K No.
H Ma come, non le sente le cannonate?
K No, io mi trovo a Vilparkverder.
H La città è sotto attacco! I russi devono aver preso un ponte ferroviario sul Loder!
K Il nemico non ha batterie ferrotrasportate sul Loder. Non è fuoco di cannoni a lunga
gittata. Il comando della artiglieria aerea allo zoo comunica che a sparare sono cannoni che
hanno un calibro al massimo di 12 cm. Le batterie russe devono essere nei dintorni di
Marzana...
H A nemmeno 12 km dal centro di berlino? I russi sono già così vicini?... Dovrei fare
impiccare quelli che sono al comando della Luftvaffe!
Sbatte giù il telefono. Si rialza, prima con le mani dietro la schiena, poi e si mette a urlare
gesticolando con le mani.
H Questo è inaudito, inaudito. Ho i russi a 12 km dal cuore della città, ma perchè me
lo dicano devo essere io a chiederlo!
U Mein furher, forse sono davvero cannoni a lunga gittata. Lei ha parlato di un ponte
ferroviario sul Loder.
Fa per andarsene, con aria dimessa e le mani dietro la schiena.
H Sciocchezze! Nessuno qui mi capisce. Sono circondato da generali incompetenti.
Avrei dovuto farli decapitare tutti. Tutti! Come ha fatto Stalin.
3) Luca. Monologo di Salieri, dal film: "Amadeus" di Milos Forman, soggetto di Peter Schaffer
Sulla carta sembrava.. Un niente... Un inizio semplice, quasi comico. Appena un palpito con fagotti, corni di bassetto... Come lo schiudersi di un vecchio cofano... Dopo di che, a un tratto, ecco emergere un oboe. Una sola nota, sospesa, immobile. Finché... un clarinetto ne prende il posto, addolcendola con una frase di una tale delizia...
Quella non era la composizione di una scimmia ammaestrata. No, era una musica che non avevo mai udito... Espressione di tali desideri, di tali irrefrenabili desideri! Mi sembrava di ascoltare la voce di Dio.
4) Ingela. Monologo di Flami, da "Una lunga attesa", atto unico di Fabrizio Romagnoli.
Odio stare sola. Ho paura. (Pausa) Qualcuno potrebbe aggredirmi. (Si guarda intorno) La gente è pazza. (Si guarda di nuovo intorno) Odio stare sola. (Pausa) Mi fa sentire sola. Devo pensare a qualcosa, come dice la psicologa, così non ho tempo di pensare che sono sola. (Pausa) Sì! Lo dicevo sempre a mia madre che volevo stare con lei. (Pausa) Sì, è vero, io adoro mia madre. (Pausa) Sono una segretaria. Mia mamma faceva la segretaria e poi quando è andata in pensione ho preso il suo posto. (Pausa) Lei diceva che era buono e non voleva che io ne parlassi male. (Pausa) Diceva che era un capo ufficio ideale, il migliore che si potesse avere. (Pausa) Mia mamma lo adorava e aveva ragione, lui ha fatto molto per noi. Mia madre deve tutto a lui. (Pausa) Voleva che mi fidassi di lui come d’altronde si era fidata lei a suo tempo. (Pausa) Tutte le mattine facevamo colazione insieme e ogni tanto mi portava dei regali e a cena fuori. Sì! In realtà… è stato sempre molto carino con me. (Pausa) Onestamente credo avesse cattive intenzioni… anche se mia madre diceva che non erano cattive. Era solo che… ogni cosa ha il suo prezzo, diceva. (Pausa) E poi… e poi ha avuto quel brutto incidente. (Pausa) Ma chissà com’è successo? (Pausa) Mia madre dice che non ci devo più pensare che sono cose che capitano. (Pausa) Oh… io adoro mia madre… lei sa sempre cosa fare.
5) Nicola. Lettera di un signore cileno, testo tratto dal film "11 settembre 2001", episodio "Regno Unito", scritto e diretto da Ken Loach
Buonasera a tutti
Prima di parlare del mio film, vorrei dire due parole sulla tragedia accaduta poco meno di un anno fa.
Mi rivolgo ai genitori e parenti dei caduti a New York l'11 settembre.
Sono un cileno che vive a Londra, e penso che abbiamo qualcosa in comune. I vostri cari sono stati uccisi, così come i miei cari sono stati uccisi. E anche questo è successo l'11 settembre. Martedì 11 settembre.
Nel 1970 ci furono le elezioni in Cile. Io avevo 18 anni e votavo per la prima volta. Sognavamo una società in cui il popolo potesse raccogliere i frutti del proprio lavoro. Nel settembre del 1970 siamo andati a votare, e abbiamo vinto.
Questo significava latte e istruzione per i bambini. I terreni venivano dati a contadini privati delle loro terre. Le miniere di rame e l'industria mineraria diventavano di proprietà di tutti noi. Per la prima volta in vita sua, il popolo sentiva di valere qualcosa.
Il vostro ministro degli esteri Henry Kissinger annunciò: "Perché dobbiamo lasciare che il Cile diventi un paese comunista, solo per colpa dell'irresponsabilità del suo popolo?". La nostra decisione democratica, la voce della popolazione, non contava niente.
Amici miei, i vostri leader decisero di distruggerci.
Potrei usare le stesse parole di George W. Bush quando dice che "L'11 settembre i nemici della libertà hanno dichiarato guerra al nostro paese". All'alba truppe di soldati e carrarmati si diressero verso il nostro palazzo presidenziale. Allende e i suoi ministri erano là dentro. Allende non scappò, anche se il palazzo era in fiamme. Fu ucciso... fu ucciso...
Martedì, martedì anche per noi. L'11 settembre del 1973. Un giorno che ha distrutto le nostre vite per sempre.
30000 persone furono uccise, 30000!
Il generale Pinochet ricevette le congratulazioni di Kissinger per il buon lavoro fatto.
Per quanto riguarda me, mi chiamarono terrorista e mi condannarono all'ergastolo, senza processo né difesa. Mi rilasciarono dopo 5 anni, ma fui costretto a lasciare la mia terra per la sicurezza dei miei conoscenti. Ora non posso tornare in Cile, anche è se è l'unica cosa a cui penso.
Genitori, parenti, amici di coloro che sono morti a New York, tra poco sarà il 29mo anniversario del nostro martedì 11 settembre, il primo per voi. Noi vi ricorderemo. Spero che voi vi ricordiate di noi.
6) Davide. Alf racconta. testo tratto da Opus Pistorum, di Henri Miller
«Fine della cavalcata. Fine di una lunga, lunga cavalcata. Finito, tutto finito. Adesso incomincio a chiedermi dov’è che sono salito su questa giostra, e perché mai ne sono sceso proprio in questo posto… Bah, un posto vale l’altro, suppongo.
Il trucco consiste nel non soffrire troppo di vertigini mentre la giostra gira, dimodoché tu possa camminare diritto quando scendi.
Da questa parte, per le Montagne Russe… per l’Ottovolante! Vi porteranno da nessuna parte, in maniera ancor più inebriante… da lasciarvi senza fiato.»
7) Samuele. monologo di Verri, da "Questa sera si recita a soggetto", di Luigi Pirandello.
Anche se t'accecassi, ciò che i tuoi occhi hanno veduto, i ricordi, i ricordi che hai qua negli occhi, ti resterebbero nella mente; e se ti strappassi le labbra, queste labbra che hanno baciato, il piacere, il piacere, il sapore che hanno provato baciando, seguiteresti sempre a provarlo, dentro di te, ricordando, fino a morirne, fino a morirne di questo piacere! Non puoi negare; se neghi, mentisci; tu non puoi altro che piangere e spaventarti di quello ch'io soffro insieme con te, del male che hai fatto, che ti hanno indotto a fare tua madre e le tue sorelle; non lo puoi negare; l'hai fatto, l'hai fatto, questo male; e lo sai, lo vedi ch'io ne soffro, ne soffro fino a diventarne pazzo;
E non è finita qui: Domenica prossima si aggiungeranno i monologhi di Korinna, Jose e Rosa...
A presto
Bruno
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